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Prezzi a occhio, forfait casuali e sconti ansiosi 

Le tariffe minacciose dei professionisti


C’è un rumore che non si sente ma che tutti conoscono: quello del caos nella definizione dei prezzi. È un disordine silenzioso fatto di preventivi a sentimento, di clienti che chiedono tanto e pagano poco, di ore lavorate senza conteggio e di scelte economiche più dettate dalla paura che da una vera strategia. In questo scenario, dove la consapevolezza economica è spesso relegata a un “ci pensiamo poi”, emerge una verità scomoda quanto urgente: la maggior parte dei professionisti non sa quanto costa lavorare.

Eppure, da lì si parte. Non da un listino standard, non da quello che “fa il mercato”, non dai numeri sentiti in un webinar qualunque. Si parte da sé. Dal proprio costo orario.

Sembra banale, vero? Ma quando si chiede a un imprenditore o a un professionista quanto gli costa, realmente, un’ora di lavoro propria o dei suoi collaboratori, spesso cala il silenzio. E se si chiede il costo della struttura, si cambia argomento. Questa ignoranza non è colpevole, è strutturale. Eppure, è lì che si annida il rischio più grande: non sapere se si sta guadagnando o perdendo.

Senza un dato reale, ogni preventivo è un lancio di dadi. Ogni cliente rischia di essere un’emorragia nascosta sotto la polvere dell’abitudine. E allora sì, si comincia a rincorrere il tempo, le urgenze, a dire sempre “sì”, sperando che tutto si compensi. Ma non si compensa. Si svuota.

Poi c’è il tema del forfait. Un’arma a doppio taglio, comodissima per chi vende e rassicurante per chi compra. “Tutto incluso”, si dice. Ma cosa significa davvero? Spesso significa: “Ti faccio un prezzo fisso, ma poi farò molto di più di quanto preventivato senza adeguare il compenso.” E lì, il margine si erode come sabbia bagnata, le ore si allungano, i task si moltiplicano, il cliente chiede, l’ansia sale… e il conto rimane lo stesso.

Chi si salva da questo circolo vizioso? Chi misura. Chi traccia. Chi ha un sistema.

Chi, pur lavorando a forfait, usa strumenti di time tracking per sapere quanto tempo sta davvero dedicando a ogni progetto; chi, a fine mese, ha dati in mano e non sensazioni, perché le sensazioni ingannano, i numeri no!

E gli sconti? Ah, il terreno scivoloso degli sconti. Ogni volta che un cliente chiede uno sconto, in realtà, fa una domanda nascosta:

"Cosa ottengo in cambio di questo prezzo?"

È lì che si gioca la partita. Gli studi più solidi non si difendono, spiegano. Mostrano valore, dettagliano ore, attività e risultati. E allora anche lo sconto diventa una leva, non un cedimento. Un’opportunità per chi sa vendere ciò che fa, non solo ciò che sa.

In questo contesto, è evidente come la questione del prezzo non sia solo economica, ma culturale. È un problema di consapevolezza, di postura professionale, di capacità di attribuire un valore reale a ciò che si fa. Non è questione di aumentare i prezzi per moda o per presunzione, ma per dignità economica e sostenibilità professionale.

E allora torniamo al punto: come si stabilisce un prezzo giusto?

Si comincia calcolando il costo orario completo. Non solo lo stipendio. Ma anche i costi indiretti, quelli della struttura, delle attività non fatturabili. Si integra tutto e si arriva a un costo pieno. Quello è il punto di pareggio. Il minimo per non perdere. Poi si definisce una tariffa obiettivo, quella che permette di generare utile e investire nella crescita, e lì nasce la strategia. Una strategia che può anche prevedere tariffe diverse per diversi servizi, per tipologie di clienti o per livelli di complessità. Ma sempre con un dato di partenza reale.

Da lì in avanti, si può lavorare sull’ottimizzazione, sulla comunicazione del valore, sulla proposta commerciale, si può decidere quando scontare e quando no, quando includere extra e quando fatturarli; ma sempre sapendo che ogni scelta è consapevole e che ogni euro ha un motivo per esistere.

E infine, c’è un passaggio che pochi fanno, ma che è determinante: guardare i clienti in perdita. Sì, quelli che consumano risorse senza restituire valore, quelli a cui, per paura o per abitudine, non si è mai aumentato il prezzo. Bisogna decidere: si adegua il prezzo o si lascia andare il cliente?

Fa paura, ma è una scelta di sanità economica e anche mentale, un atto di coraggio imprenditoriale!

Perché il prezzo non è solo una cifra, è una dichiarazione, è il modo in cui un’impresa racconta il proprio valore al mondo, è il segnale che distingue chi lavora con metodo da chi si lascia vivere dal lavoro. E in un mercato sempre più competitivo, dove il tempo è tiranno e le risorse limitate, non ci si può più permettere di stabilire un prezzo “a occhio”.

La professionalità merita di essere valorizzata, con criterio, con numeri e con rispetto.

Ed è proprio in questo passaggio, dal caos alla consapevolezza, dalla paura alla strategia, che si fa la vera differenza. Non servono magie, serve metodo, serve volontà e serve quella sana abitudine a trattare il proprio lavoro con lo stesso rispetto con cui si vorrebbe che fosse trattato dai clienti.

Allora sì, anche il prezzo diventa uno strumento di crescita e non più una trappola.

Ed ecco ora la domanda, quella vera: quanti dei tuoi clienti ti fanno guadagnare davvero?


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Roberto Giarratana Consulente Organizzativo
Roberto Giarratana

Consulente organizzativo & CRM expert
Creatore del Metodo IOP© 


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