Passa al contenuto

Natale 2024:

l'Italia delle sfide in competenze digitali


Dicembre 2024; l'anno volge al termine, le luci natalizie illuminano case, città e borghi, mentre in molti si preparano a chiudere bilanci, riflettere sui successi e sugli ostacoli affrontati e su come affrontare il 2025. In questo clima di bilanci, il Digital Decade Report 2024, pubblicato (a luglio!) dalla Commissione Europea, offre uno spunto di riflessione tutt’altro che confortante, ideale per questo periodo dell’anno.

Il documento, che traccia lo stato della digitalizzazione nei Paesi membri della Comunità Europea, evidenzia ancora una volta un quadro critico per l’Italia, soprattutto in un ambito che ritengo personalmente fondamentale: quello delle competenze digitali di base.

Quattro sono le direttrici su cui il Digital Decade Policy Programme (DDPP) punta per guidare la transizione digitale europea: connettività, competenze digitali, imprese digitali e servizi pubblici digitali. Quattro scopi che mirano a creare una società più moderna, connessa e soprattutto preparata all’inevitabile evoluzione tecnologica. Eppure, in questo quadro di ambizioni e obiettivi condivisi, l’Italia continua a mostrarsi in affanno, rimanendo ben lontana dalla media europea.


Digital Decade Policy Programme


Solo il 45,8% degli italiani possiede competenze digitali di base. Questo dato, già preoccupante di per sé, diventa allarmante se si considera che si tratta delle conoscenze minime per poter fare attività quotidiane, lavorare e fare impresa nell’era digitale. La media europea è al 55,6%, con uno scarto di quasi dieci punti percentuali. Se si guarda nel dettaglio ai giovani tra i 16 e i 24 anni, ci si aspetterebbe un panorama più incoraggiante, e invece il 59% possiede appena queste competenze fondamentali. Nella fascia 25-54 anni, quella dei lavoratori attivi per intenderci, il dato scende ulteriormente al 54%. Numeri che parlano chiaro e che dovrebbero far riflettere. Molto.

E mentre a livello globale si discute sempre più di intelligenza artificiale generativa e del suo impatto sul mondo del lavoro, in Italia sembra che una parte importante della popolazione sia ancora legata a un approccio novecentesco, restio ad abbracciare l’innovazione. Perché? Una domanda difficile, ma necessaria. Perché socialmente il cambiamento viene spesso visto come una minaccia? Forse perché la formazione tecnologica è stata, per troppo tempo, considerata un elemento secondario rispetto alle competenze tradizionali? O forse perché la diffidenza culturale nei confronti della tecnologia è ancora radicata?

Qualsiasi sia la risposta, il risultato è che nelle piccole e medie imprese italiane spesso si assiste a un utilizzo maldestro o insufficiente degli strumenti digitali. Esempi pratici? Basti pensare a come viene utilizzato Excel. In molte aziende, questo strumento, potente ma complesso, è il fulcro della gestione amministrativa. Ma il vero problema non è l’suo di Excel in sé, piuttosto il fatto che si usino fogli di calcolo mal impostati, formule troppo spesso errate e mancanza di standardizzazione dei documenti che portano a errori che si traducono poi in costi, ritardi e inefficienze. Situazioni che potrebbero essere facilmente risolte con una adeguata formazione e conoscenza del software, delle ue capacità di sviluppo e uso o magari con l'adozione di software gestionali adeguati, ma che vengono spesso ignorate per paura del cambiamento o per una scarsa conoscenza delle alternative, o perché siamo troppo concentrati sul prodotto/servizio e sul collocarlo sul mercato (fattura, fattura, fattura!).

Prendiamo poi i sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) o CRM (Customer Relationship Management): strumenti che potrebbero rivoluzionare la gestione aziendale, migliorando la produttività, ottimizzando le risorse e offrendo una visione chiara delle performance. Eppure, molte imprese preferiscono restare ancorate a processi manuali o a software obsoleti, perdendo opportunità di crescita e di innovazione tremende. La conseguenza? Un’inefficienza produttiva che si riflette direttamente sui fatturati e sulla marginalità. Ogni minuto perso in operazioni ridondanti, ogni errore dovuto a un processo non automatizzato, ha un costo. E quel costo, che stai puntualmente pagando come una bolletta, nel lungo periodo, può fare la differenza tra il successo, la semplice sopravvivenza o addirittura il fallimento.

Il costo dell’inefficienza è spesso sottovalutato. Probabilmente c’è chi pensa che risparmiare sull’investimento tecnologico sia una scelta prudente, ma la realtà è che ogni inefficienza si traduce in una perdita di denaro. Un progetto che richiede più tempo del previsto, un cliente insoddisfatto per una risposta tardiva, un errore amministrativo che si trasforma in una multa: sono tutte situazioni che potrebbero essere evitate con un’organizzazione più efficiente e con l’uso corretto della tecnologia.

Allora, la domanda da porsi è: si comprende davvero l’impatto negativo del rifiuto della tecnologia nelle attività quotidiane? Si è consapevoli del fatto che, in un mercato sempre più competitivo, restare indietro significa perdere terreno rispetto ai concorrenti?

La digitalizzazione non è più un’opzione, è una necessità. E non si tratta solo di acquistare software o hardware all’ultima moda, ma di adottare un approccio culturale diverso.

La tecnologia deve essere vista come uno strumento strategico per migliorare l’efficienza, non come un ostacolo da superare. Questo significa investire non solo in strumenti, ma anche in formazione. Le competenze digitali devono diventare parte integrante del bagaglio culturale di ogni imprenditore e di ogni lavoratore. E quando all’interno dell’azienda non ci sono le competenze necessarie? Che si fa?

Magari affidarsi a chi lo fa di mestiere? Direi di sì visto che può fare la differenza, perché ti offre l’opportunità di vedere l’organizzazione con occhi nuovi, di individuare le inefficienze e di progettare un percorso di trasformazione su misura.

Affrontare la sfida della digitalizzazione richiede coraggio, visione e apertura al cambiamento. Non si tratta di stravolgere tutto dall’oggi al domani, ma di iniziare a fare piccoli passi nella giusta direzione. Ogni investimento in tecnologia, se ben pianificato, si ripaga nel tempo. Ogni ora dedicata alla formazione è un’ora investita nel futuro dell’azienda. Ogni processo reso più efficiente è un passo verso una maggiore competitività.

Alla fine di questo 2024, la riflessione è più che mai necessaria: quanto ti costa davvero l’inefficienza? Quanto perdi ogni giorno continuando a lavorare con strumenti inadeguati? E soprattutto, quale sarà il costo di rimanere indietro in un mondo che corre veloce?

La sfida del 2025 non sarà solo quella di adottare nuove tecnologie, ma di cambiare mentalità. 

Perché la vera innovazione parte sempre dalle persone.


Vuoi ricevere articoli come questo ogni mese? 
Iscriviti alla mia newsletter su LinkedIn, già seguita da oltre 800 professionisti.
Iscriviti su LinkedIn


Roberto Giarratana Consulente Organizzativo
Roberto Giarratana

Consulente organizzativo & CRM expert
Creatore del Metodo IOP© 


Contattami